L'identificazione delle vittime di naufragio
Il presente contributo trae origine dalla tesi di ricerca sperimentale svolta dall’avv. Andrea Aloi presso il LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense - Sezione di Medicina Legale) dell’Università degli Studi di Milano, relatrice la prof.ssa Cristina Cattaneo.
Il naufragio
La data del 18 aprile 2015 registra uno dei più tragici naufragi a noi noti: un peschereccio di 23 metri battente bandiera eritrea si inabissò a circa 77 miglia a nord delle coste libiche. I superstiti furono 28, i morti accertati 24 e, secondo le prime stime, i dispersi tra 700 e 900. La notizia scosse l’opinione pubblica e indusse il Governo italiano ad impegnarsi in un’imponente operazione di recupero delle salme e del relitto: il 7 maggio 2015 una formazione navale inviata dalla Marina Militare Italiana e composta da una fregata e due cacciamine individuò lo scafo sul fondo marino a 370 metri di profondità. Il successivo 10 giugno iniziarono le operazioni di recupero con la partecipazione della stessa Marina Militare Italiana, dei Vigili del Fuoco e della Croce Rossa Militare.